L'anodizzazione dell'alluminio

Scritto Giovedì
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L’anodizzazione è il trattamento superficiale più usato sull’Alluminio. Protegge il materiale e lo preserva dalla corrosione oltre ad isolarne elettricamente la superficie

Esistono diversi tipi di anodizzazione che dipendono dal tipo di utilizzo finale del prodotto; ad esempio si possono avere esigenze di proteggere il  materiale per la quale si sceglie di creare uno strato di qualche decina di micron sulla superficie per renderla ancora più resistente e viene chiamata “Anodizzazione Dura”, esigenze di isolare elettricamente 2 superfici così da non permettere il passaggio di corrente tra un punto ed un altro; o ancora esigenze decorative per le quali è invece richiesta non tanto la protezione della superficie quanto colori o effetti che siano accattivanti per l’utilizzatore finale e così via.

Tutte le leghe di Alluminio sono idonee ad essere ossidate ma pochissime sono garantite dai produttori cosicché è molto importante che il cliente conosca approfonditamente il processo e si rivolga a ditte specializzate in questo tipo di lavorazioni industriali/artigianali molto delicate.

Il processo di anodizzazione prevede un Iter di diversi bagni dove il metallo viene trattato attraverso vari step:

  • Sgrassamento delle superfici: il matallo viene pulito e sgrassato
  • Decapaggio: il matallo viene immerso in un bagno di soda caustica per ottenere un effetto uniforme
  • Lavaggio: il particolare viene lavato per eliminare eventuale polvere o sporcizia
  • Neutralizzazione: la patina superficiale di leganti viene rimossa da un bagno acido
  • Anodizzazione: il matallo viene immerso in un bagno acido e collegato all’anodo, sulla superficie si crea uno strato di alumina
  • Colorazione: dal metallo si può ottenere colorazione naturale, nera, dura oppure colorata. I pigmenti colorati vanno a riempire la microporosità del metallo conferendo l’effetto desiderato
  • Fissaggio: i pigmenti vengono “imprigionati” nei pori creando una patina protettiva e conferendo, in caso di anodizzazione ad uso decorativo, l’aspetto e le caratteristiche ricercate.

 

 

Ossidazione Anodica 0/ Anodizzazione

Prima di addentrarci nello specifico dell’argomento, facciamo alcune considerazioni sul materiale di cui stiamo trattando: l’Alluminio.

L’alluminio metallo in natura lo troviamo come bauxite e, dopo processi chimici ed elettronici, otteniamo il metallo puro, che per sua natura, come per altri metalli, se non legato ad altri elementi, non risulta essere lavorabile; di qui nascono le diverse leghe d’alluminio e in funzione delle quantità di altri componenti (metalli) disciolti con essi, queste possono avere attitudini meccaniche migliori rispetto ad altre e quindi utilizzate per certe funzioni anche di natura strutturale – vedi i telai delle macchine, certe strutture navali, ecc. – oppure leghe con maggiori migliori attitudini ad essere ANODIZZATE.

Infatti non tutte le leghe d’alluminio si prestano a questi trattamenti; in modo particolare nelle leghe di presso fusione, dove i contenuti di matalli come silicio, rame, cromo e magnesio, inducono una scarsa efficienza all’anodizzazione.

Distinguiamo essenzialmente due tipi di Anodizzazione:

  • Ossidazione Architettonica / Decorativa con spessori d’ossido da 3 a 25 micron
  • Ossidazione Dura con spessori da 25° oltre 70 micron

Noi ci soffermiamo sulla descrizione della prima, quella più in uso – parliamo dei manufatti per infissi, facciate esterne dei palazzi e di tutti particolari ormai diventati di largo uso nella nostra quotidianità, dal settore auto/moto, bici, arredamento, illuminazione, mobili e pareti per ufficio, casa, ecc… - in quanto l’Ossidazione Dura è “riservata” a linee di prodotti per l’industria meccanica o dove richiesto una maggiore durezza e resistenza all’abrasione.

Come si diceva prima, non tutte le leghe d’alluminio hanno un uguale comportamento nel trattamento di anodizzazione e quindi è di massima importanza saper coniugare l’utilizzo di una particolare lega con il risultato finale che vogliamo ottenere; nel caso specifico di estrusi/laminati/forgiati/pressofusi, esistono delle tabelle che ci possono aiutare a saperci indirizzare nelle giuste scelte.

Nel caso specifico di alluminio ad uso architettonico, le leghe maggiormente utilizzate/commercializzate, sono della famiglia EN AW 1000 EN AW 5000 EN AW 6000. Vi sono altre leghe che seppur non risultando così idonee, possono garantire un risultato finale accettabile.

Come tutti i metalli, anche l’alluminio nelle condizioni normali ambiante, subisce una reazione di “ossidazione” (l’esempio più frequente che noi notiamo è quello del ferro, che se non verniciato fa la “ruggine”, che non è altro che ossido di ferro) e allora per prevenire questa reazione e rendere inaccettabile all’aria e ad altri agenti la superficie d’alluminio, si procede in modo “artificiale” a creare questo strato barriera che preserva anzitempo il/i manufatto/i e contemporaneamente si possono creare aspetti estetici qualitativamente importanti.

 

Di seguito in breve la descrizione del processo di anodizzazione/ossidazione.

I  manufatti devono per prima cosa essere sgrassati, per eliminare qualsiasi residuo di oli/grassi, paste di lucidatura o residui di estrusione o laminazione, successivamente possono subire un trattamento chimico acido o alcalino, a seconda dei prodotti utilizzati e da quello che si vuole ottenere, le superfici potranno presentare un aspetto o totalmente lucido(ì/brillante, o semilucido o totalmente opaco. 

Una volta rimossa la patina superficiale con una soluzione neutralizzante acida, si passa alla vera fase di anodizzazione. Questo aggettivo viene attribuito in quanto i manufatti da trattare vanno a determinare la parte anodica della cella elettrolitica, mentre per la parte catodica, può essere utilizzato alluminio p piombo.

In questa cella vi è una soluzione di acido solforico, a una determinata concentrazione e questa soluzione viene costantemente fatta circolare in un sistema di raffreddamento; la reazione di ossidazione sviluppa calore che danneggerebbe lo strato anodico onde per cui il calore sviluppato, deve  essere “asportato”.

Alla cella elettrolitica  viene applicata una tensione di corrente pari a circa 1,3±0,3 Amper/dm², per un tempo minimo necessario per creare uno strato protettivo di ossidi di alluminio. Teoricamente 1µ d’ossido cresce circa ogni 2/2,5 minuti.

Lo strato anodico così creato, si presenta al microscopio come una serie di celle esagonali vuote al suo interno e di forme irregolari: è proprio all’interno di questi pori che noi possiamo depositare elettroliticamente o per impregnazione, Sali metallici o coloranti organici, che ci permettono di ottenere svariate tipologie di colorazioni. Logicamente i prodotti utilizzati devono essere specifici per il metallo alluminio e devono avere caratteristiche di resistenza anche ai raggi UV.

L’ultima fase del nostro processo, prima di poter utilizzare i nostri particolari per l’uso specifico, è la fase di chiusura di questi pori, comunemente chiamata fase di fissaggio. È qui che noi andiamo a sigillare lo strato anodico e come per tutte le altre fasi anche questa deve essere approntata nel modo più corretto, un cattivo fissaggio comporta una facile aggressione, da parte di agenti esterni, allo strato anodico, riducendo o eliminando la funzione “protettiva” ai nostri manufatti.

Ora il materiale è pronto al suo utilizzo; con questa operazione abbiamo creato un prodotto resistente e allo stesso tempo “bello”, gradevole alla nostra vita, mantenendo sempre vivo l’aspetto metallico dell’oggetto. L’alluminio anodizzato a oltretutto la caratteristica di essere un prodotto completamente “ecologico”, facilmente riciclabile senza creare danni ambientali. A differenza dei pezzi verniciati o galvanizzati, qui non vi è l’apporto di nessun altro metallo o vernice; abbiamo solo “trasformato” chimicamente quello che in natura già avviene, abbiamo solo accelerato e uniformato questo processo.

 

Niccolò Rampini Baratè

Niccolò Rampini

Autore
Niccolò Rampini

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